26 aprile 1986, ore 1.23. Ucraina settentrionale. 18 km dalla città di Chernobyl. Durante un “esperimento” nella centrale nucleare V.I. Lenin, a causa di comprovati errori umani e dell’inadeguatezza progettuale dell’impianto, esplode il reattore n. 4. Il reattore dell’apocalisse.
A distanza di 30 anni il regista Fabrizio Bancale è tornato su quei luoghi per raccontare una popolazione che non ha mai abbandonato la propria terra: i Samosely, i residenti illegali di Chernobyl. Quegli uomini e quelle donne che, trent’anni fa, si opposero all’evacuazione imposta dalle autorità sovietiche per un raggio di 30 chilometri. Quegli uomini e quelle donne che, trent’anni fa, decisero di non voler rinunciare alle loro abitudini, ai loro campi, alle loro abitazioni che distavano solo pochi chilometri dal luogo della tragedia.
Oggi, molti di quei testardi combattenti sono morti di vecchiaia, qualcuno stroncato da tumore o leucemia, ma una parte di loro è ancora lì. Morti viventi. Isolati dal mondo. Abbandonati. Sono sopravvissuti alle radiazioni. I loro corpi hanno resistito, insieme alla foresta che li circondava e che si trasformava insieme a loro. E diventava pian piano una vera e propria riserva naturale, inaccessibile all’uomo. Certamente contaminata, radioattiva, ma spontanea. Anno dopo anno, la natura si è riappropriata dei propri spazi: all’ombra delle torri di cemento e acciaio, in una vegetazione fitta e incolta, sono cresciuti alberi da frutto, pascolano mandrie di cavalli, si intravedono cervi, cinghiali e animali selvatici di ogni genere. È la natura che si è impossessata nuovamente di se stessa.
CAST TECNICO
regia e sceneggiatura – Fabrizio Bancale
da un’idea di Giancarlo Pagliara e Pavlina Dumanska
fotografia – Massimo Staiti
musiche originali – Franco Eco
montaggio Giovanni – Marolla
produzione – JumpCutMedia
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