«La storia di Paolo Letizia è una storia forte che merita di essere raccontata al cinema». Ne è sicuro il regista Bruno Oliviero, sul set in questi giorni per “Nato a Casal di Principe”. La pellicola affonda le radici in una vicenda maledetta, un dramma oscuro, paradossale. Il 18 settembre del 1989 Paolo, ventenne di Casal di Principe, scomparve nel nulla. Solo a distanza di quasi 30 anni si è fatto chiarezza, una vicenda che ha dell’assurdo, una incredibile ingiustizia che vede complice la camorra. Suo fratello maggiore Amedeo oggi è un produttore cinematografico e scrisse un libro a quattro mani con Paola Zabuttini sulla vicenda, dal titolo proprio “Nato a Casal di Principe. Una storia in sospeso”.
IL FILM. Una grande operazione partita a giugno dell’anno scorso per trasformare quel libro, quel mistero in un’opera cinematografica. Provini e laboratori per selezionare i protagonisti, le comparse tra attori e gente comune. I ruoli principali sono stati affidati a Alessio Lapice (Paolo), Donatella Finocchiaro (la madre) e Massimiliano Gallo (il padre). Al loro fianco anche non professionisti. Tutto il film è stato fatto in prova, ci son voluti due mesi. «Raccontiamo il dolore, qualcosa di vero, di faticoso per gli attori – così il regista – stiamo facendo un gran lavoro per amalgamare la recitazione e fonderla per dare realismo». Un realismo che viene sottolineato dalle location. «È tutto così volutamente aderente alla realtà – spiega Amedeo Letizia – che abbiamo girato proprio nelle stanze della casa dei miei genitori. Nei primi ciak si sentiva l’emozione, i miei erano presenti, gli attori si commuovevano».
IL PADRE DI PAOLO. «Ho conosciuto il padre di Paolo – racconta Gallo – è un personaggio vero, molto forte, che nonostante tutte le avversità è rimasto un uomo tutto di un pezzo». Ha affrontato questo ruolo scendendo in profondità. «Con il regista abbiamo scelto di dare una pesantezza nel fisico al personaggio che potesse raccontare il dramma, abbiamo lavorato sulla parte estetica. Abbiamo voluto immaginare che per somatizzare il dolore gli sia scesa una cataratta». Visibilmente provato aggiunge: «Quando si parla di morti in queste terre ci si chiede cosa ha fatto, qui non c’è motivazione, tutto folle, assurdo. Non è mai stato ritrovato il corpo, è questa è la tragedia dentro la tragedia». L’obiettivo è raccontare con grande coerenza «con un taglio cinematografico che fa appassionare, con azione e sentimento. Un film molto importante per le nostre zone, la nostra terra».
LE LOCATION. Alle spalle ci sono due settimane di set e ne mancano altre quattro, per un film che verrà girato anche in beni confiscati alla camorra come la villa di Capaldo (cognato di Zagaria) e la Balzana (degli Schiavone). E poi c’è tanto Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano D’Aversa, sul Volturno, grazie allo sforzo della Film Commission Campania e ad una sceneggiatura, firmata da Maurizio Braucci e Massimiliano Virgilio, talmente dettagliata da indicare i luoghi dove si svolgeva la narrazione.
LA STORIA. Un inedito raccontare una famiglia borghese in terra di camorra. «Si tratta di un giallo al contrario – spiega Oliviero – una vicenda che si complica sempre di più fino a giungere al processo che ha mandanti ma non ha movente. Lavoriamo su azione e sentimento, ma tralasciando il melodramma». Il tutto in un arco temporale che va da quel settembre dell’89 per due mesi. Un thriller che rimane in sospeso che però ha un sostrato pregno di messaggi positivi. «È una una tragedia che ricompatta la famiglia, tutti sono tornati a vivere. I ragazzi, di fronte a qualcosa di più grande di loro, potranno scegliere tra il bene e il male ed opteranno per la prima soluzione».
LA CITTÀ. Girare “Nato a Casal di Principe” ha permesso a chi visse quella storia in prima persona di fare un paragone tra quella Casale e la Casale di oggi. «Girare qui mi ha inorgoglito, ho visto come la città è cambiata, come la cittadinanza riesce a stare vicino ad una famiglia». «Qui si vive un dopoguerra, una ricostruzione – ricorda Oliviero – nel laboratorio a Casal di principe è che i giovani cercavano un modo per scusare i “padri” che non si erano resi conto di quello che facevano. Non so se ci sono i mezzi, ma c’è il sentimento della ricostruzione».
LA PRODUZIONE. Il film è una produzione Cinemusa Srl con Rai Cinema ed è prodotto da Mariella Li Sacchi e Amedeo Letizia. «È una storia che incarna valori fortissimi – racconta Li Sacchi- e siamo convinti e sicuri che avrà un grande riscontro».