«Chi viene a visitare Napoli ne deve conoscere la storia. Prima tappa deve essere necessariamente il Museo, poi ci si può avventurare tra le strade della città per apprezzarne la bellezza, i profumi, i sapori, ed incontrare il popolo». Alessandro Siani è un artista molto legato al suo territorio, alle sue radici e non smette mai di dimostrarlo al cinema, in televisione, a teatro.
Che ricordo hai del Museo Archeologico Nazionale?
«Ho un ricordo bellissimo legato alla mia infanzia. Ci andai quando ero bambino, ci andai con mio nonno. Non sono stato in tanti posti con lui ed anche per questo custodisco con gelosia questo momento. Un giorno decise di portarmi nel mitico Museo. Per un bambino sentire la parola “museo” può sembrare pesante, a quell’età si preferisce magari un parco divertimenti. Ma quella volta per me non fu affatto pesante. Le immagini di quella visita le conservo ancora nel cuore, un ricordo vivo. Capii l’importanza del passato, conobbi le radici di Napoli».
Città che tu conosci bene, com’è cambiata da allora?
«Non ho mai lasciato Napoli. Le trasformazioni che sono avvenute le ho sentite sulla pelle. Stare in questa città e viverla ti da una dimensione di quello che accade. E percepisco che c’è voglia di rinascere, un po’ come accadde nel 1984. Quello fu un periodo epocale con l’arrivo di Maradona che segnò un cambiamento della città che era dominata dalla rassegnazione e dall’indolenza. Ci fu una vittoria sportiva e sociale e da lì qualcosa è cambiato. Compresi che gli uomini possono cambiare le cose».
E oggi?
«Oggi credo che il sindaco De Magistris stia facendo un lavoro importante sia per i napoletani che per chi ci vede da fuori. Napoli non è più una cartolina sporca ma una cartolina su cui scrivere “venite a vederla” e spedirla in tutto il mondo. Il turismo è la base per far ripartire il paese ed a Natale ho visto la città invasa di gente. Questo ci da una grande forza. Oggi Napoli non è più una città di passaggio per le isole. Oggi si arriva per restare e poi per ripartire e vedere quei gioielli come Capri, Ischia e Procida. Credo si sia allargata la visione di Napoli e di tutto il Sud».
Turismo che può essere agevolato anche dal cinema…
«Sì, e ne è una dimostrazione “Benvenuti al Sud”. Con quel film abbiamo creato un meccanismo fortissimo di turismo a Castellabate. Ma anche con “Si accettano miracoli”, girato a Furore sulla Costiera Amalfitana, è accaduta la stessa cosa. E sono onoratissimo di aver ricevuto la cittadinanza onoraria in entrambe le città».
E nel tuo ultimo film?
«In “Mister Felicità” racconto l’esigenza di rimanere napoletano, delle proprie radici anche quando non si sta a Napoli, perché quando siamo fuori sentiamo l’esigenza di esprimerci in dialetto. In questo caso i protagonisti si trovano in Svizzera per lavoro, sono tornato su alcune location suggestive già utilizzate nel “Principe abusivo”. Anche nei prossimi film ci sarà sempre grande attenzione alla nostra città, per mostrarne il meglio. Qui abbiamo tanti luoghi meravigliosi».
Grazie all’intesa con Riccardo Tozzi e alla Cattleya Lab stai già facendo tanto per Napoli…
«L’obiettivo del Cattleya lab è quello di girare a Napoli per lanciare giovani talenti. Lo facemmo con “Troppo Napoletano” raccontando la città. E lo faremo di nuovo. Il prossimo film, invece, vedrà protagonisti due comici siciliani, i “Soliti spicci”. Ma c’è in cantiere anche un progetto napoletano. Fa parte del rinascimento di questa città avere grandi produttori di spessore intellettuale, per raccontare le varie sfumature della città».
Tra le sfumature c’è anche quella della criminalità organizzata…
«Ed è giusto ironizzare anche su questo lato della città, Napoli è fatta di tante facce e deve esservi un bilanciamento, così come c’è “Gomorra”, ci deve essere “Benvenuti al Sud”, ed il nostro ruolo è quello di far ridere trattando tematiche diverse».
Quindi per affrontare la vita c’è bisogno di felicità?
«Di felicità ne abbiamo sempre bisogno, e ce la prendiamo sia da una vittoria della “tumbulella” che da una parola d’amore detta in un momento particolare. La verità è che la felicità non sappiamo dove andarla a prendere, anche quando la cerchiamo dentro di noi ci risulta abbastanza difficile trovarla. Io non conosco la ricetta della felicità ma spero di aver farcito il mio “Mister Felicità” di ingredienti che messi assieme possono portare alla gioia».
(intervista uscita sul magazine MANN del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, gennaio 2017)