A trent’anni Salvatore Esposito può serenamente considerarsi un mito della sua generazione. È “sindaco” di un popolo di Facebook composto da quasi 700mila utenti. Ieri un vero bagno di folla alla Feltrinelli di piazza dei Martiri per la presentazione del suo libro “Non volevo diventare un boss” edito da Rizzoli. C’era in fila all’ingresso chi veniva da tutta la Campania ed oltre (una ragazza col marito erano arrivati addirittura da Cosenza).
Bambini, giovani, adulti, colleghi attori. La sua popolarità ha abbracciato tutti i ceti e tutte le età. Per tanti un mito perché ha interpretato “Genny Savastano” nella serie dei record “Gomorra” in onda su Sky Atlantic. Per altri un esempio. E già perché è passato da commesso di Mc Donald’s (in sala c’erano i suoi colleghi dell’epoca) ad attore ricercatissimo in un batti baleno. In mezzo c’è tanto studio, tanta determinazione ed una famiglia che l’ha da sempre supportato, capitanata da papà Giuseppe. Proprio questo excursus è il motore del suo racconto. Dalla Napoli più popolare, dove è nato nel 1986, alla passione per la recitazione, ripercorre nel libro la sua storia e lancia un messaggio di speranza soprattutto ai giovani ai quali mostra “come ho realizzato i miei sogni grazie a Gomorra”.
Salvatore ha dovuto cominciare presto a darsi da fare, ma non si è lasciato tentare, come tanti suoi coetanei, dal guadagno facile e dalla sirena della camorra. E soprattutto non ha mai smesso di sognare di fare l’attore. «Sognate, sognate, sognate». Ripete spesso nelle sue interviste, nelle numerose ospitate televisive. Il suo è un percorso virtuoso, vincente. Si iscrisse alla scuola di recitazione di Beatrice Bracco, qualche particina in cortometraggi (come ne “Il consenso” di Luigi Scaglione”) fino all’esordito in tv nel 2013 con “Il clan dei camorristi”. Poi il pluripremiato “Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Zeta” e “Veleno”.
In questo libro Esposito ha deciso di raccontarsi perché trova che la sua storia personale abbia un che di particolare e possa ispirare un po’ tutti, specialmente i giovani. “Non volevo diventare un boss” racchiude un messaggio importantissimo e positivo per i ragazzi: «Non cercate facili scorciatoie, ma inseguite le vostre passioni perché così i vostri sogni potranno diventare realtà». Allo stesso tempo, questo libro rappresenta un omaggio di Salvatore a Napoli, la sua città che gli ha dato tanto, e che non va identificata con la Camorra, ma semmai con la gentilezza della gente, o con il suo teatro e la sua musica, o magari semplicemente con la cortesia di un caffè sospeso. Napoli con i suoi miti del passato, da Totò a Pino Daniele, passando per Massimo Troisi e Maradona.
All’evento non potevano mancare i suoi compagni d’avventura come Fabio De Caro alias “Malammore” (al quale è stato tributato un caloroso abbraccio per la perdita della compagna), Carmine Monaco “O trak”, Gianluca Di Gennaro “Zingariello”, Denise Capezza “Marianella” ed ancora Gianfranco Gallo, Walter Lippa, Arturo Sepe. Al suo fianco impegnata nelle letture del libro c’era Cristina Donadio, la terribile “Chanel”. Visti tra gli altri l’attore e produttore Gaetano Di Vaio, la conduttrice Veronica Maya, l’imprenditore Gianni Donzelli, la direttrice della Scuola di Cinema di Napoli Roberta Inarta, l’imprenditore Marco Cocurullo. E poi tanti, tantissimi fan che l’hanno applaudito dal primo all’ultimo minuto.